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11 Maggio 2022La Corte di Cassazione con Sentenza 9 maggio 2022, n. 14493 ha ribadito il proprio orientamento affermato da ultimo in Cass. 02/02/2021, n. 2224, secondo cui, “in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo – rinvenibile negli stessi principi costituzionali che informano l’ordinamento tributario italiano oltre che nei principi comunitari (Cass., 19 febbraio 2014, n. 3938; Cass., 5155/2016) – che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente (Cass., 5 dicembre 2019, n. 31772; Cass., 6 giugno 2019, n. 15321; Cass., 23 novembre 2018, n. 30404; Cass., 7 novembre 2012, n. 19234)“.
La Corte ricorda che sin dalla decisione Cass. 16/03/2016, n. 5155 “ha gia’ avuto modo di precisare che integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che – tenuto conto sia della volonta’ delle parti implicate, sia del contesto fattuale e giuridico – ponga quale elemento predominante e assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale se quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta (Cass. 10/12/2014, n. 25972, in motivazione, punto.9.1). La prova sia del disegno elusivo sia delle modalita’ di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato (Cass. 21/01/2009, n. 1465) e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate“.
Deve quindi ritenersi escluso “l’abuso del diritto se non sia stato provato dall’ufficio il vantaggio fiscale che sarebbe derivato al contribuente accertato dalla manipolazione degli schemi contrattuali classici (Cass. 22/09/2010, n. 20029). Pertanto, “il carattere abusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale (Cass., sez. un., 30055/08 e 30057/08; v. C. giust. UE nei casi 3M Italia, Halifax, Part Service), presuppone quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito (Cass. 21390/12, p.3.2) e si deve indagare se vi sia reale fungibilita’ con le soluzioni eventualmente prospettate dal fisco (Cass. 4604/14)” (Cass. n. 5155/2016, cit., in motivazione)“.
La decisione ricorda anche che la Commissione Europea, con la raccomandazione 2012/772/UE ha raccomandato agli Stati di intervenire quando sia realizzata “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale“, chiarendo che “una costruzione o una serie di costruzioni e’ artificiosa se manca di sostanza commerciale“, ovvero di “sostanza economica“, e “consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’Obiettivo, lo spirito e la finalita’ delle disposizioni fiscali“, mentre “una data finalita’ deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalita’ che e’ o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo piu’ irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso” (cfr. Cass. n.5155/2016, cit.; Cass. 14/01/2015, n. 438 e n. 439).
In materia tributaria, quindi, la scelta di un’operazione fiscalmente piu’ vantaggiosa non e’ sufficiente ad integrare una condotta elusiva, laddove sia lo stesso ordinamento tributario a prevedere tale facolta’, a condizione che non si traduca in uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio, ma esclusivamente o essenzialmente il beneficio fiscale (Cass. 26/08/2015, n. 17175).
La Corte rileva pure che è stato “quindi ritenuto necessario, per l’inopponibilita’ al fisco dell’operazione, che essa abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, ossia che non abbia una giustificazione economica apprezzabile differente dall’intento di conseguire un risparmio di imposta (Cass. 16/01/2019, n. 869)“.
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, la Cassazione ha precisato che “incombeva quindi sull’amministrazione finanziaria l’onere di spiegare, anche nell’atto impositivo, e dimostrare che il complesso delle forme giuridiche impiegate avesse carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, in considerazione delle modalita’ di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale; mentre era onere del contribuente provare la compresenza di un concomitante contenuto economico dell’operazione, non marginale, diverso dal mero risparmio fiscale, che giustificasse le operazioni in tal modo strutturate (cfr. Cass. 22/06/2021, n. 17743)“.
L’applicazione di tale principio, peraltro, deve essere guidata da una particolare cautela, “essendo necessario trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e liberta’ di scelta delle forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attivita’ d’impresa“, anche in considerazione “dei principi di liberta’ d’impresa e di iniziativa economica (articolo 42 Cost.)” e del “principio di proporzionalita’ (sentenza della Corte di Giustizia 17 luglio 1997 in causa C – 28/ 95, A. Leur Bloem)“, non potendo “il sindacato dell’Amministrazione spingersi sino ad imporre una misura di ristrutturazione diversa tra quelle giuridicamente possibili, solo perche’ tale misura avrebbe comportato un maggior carico fiscale (Cass. 21/01/2011, n. 1372)“.
Infatti, “Come piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimita’ la opzione del soggetto passivo per la operazione negoziale che risulti fiscalmente meno gravosa non costituisce ex se condotta “contraria” allo scopo della disciplina normativa tributaria, laddove sia lo stesso ordinamento tributario a prevedere tale facolta’ di scelta (cfr. Corte di Giustizia, sentenza Halifax, punto 73, cit., la 6 direttiva in materia di IVA consente all’imprenditore la scelta tra operazioni esenti ed operazioni soggette ad imposta e pertanto non impone a tale soggetto “di scegliere quella che implica un maggior pagamento IVA. Al contrario…Al soggetto passivo ha diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale”; conf. Corte di Giustizia, sentenza Part Service s.r.l., cit.., punto 47. La legittimita’ dell’opzione fiscale piu’ favorevole da parte del soggetto contribuente trova conferma anche nella giurisprudenza di questa Corte: Corte cass. 5 sez. 29.9.2006 n. 21221; id. 5 sez. 12.5.2011 n. 10383, secondo cui non puo’ mai integrare abuso del diritto la scelta dell’imprenditore di istallare stabilimenti industriali – costituendosi in forma societaria – nei territori del Mezzogiorno, cosi’ da fruire delle previste agevolazioni fiscali, atteso che “i detti risparmi fiscali….rappresentano lacontropartita fissata dallo stesso legislatore ad incentivazione di tale costituzione e non una finalita’ antigiuridica”). Esercitata tale facolta’ di scelta l’operatore rimane soggetto al regime fiscale previsto in relazione ai presupposti impositivi od agevolativi considerati dalla norma tributaria che regola la operazione compiuta, non essendo invece consentito all’operatore economico conseguire i benefici fiscali, attribuiti in relazione alla effettuazione di una determinata operazione giuridico-economica, utilizzando strumenti negoziali diversi per i quali l’ordinamento tributario prevede un regime fiscale differente, anche se – in ipotesi – in entrambi i casi le operazioni realizzate pervengano allo stesso risultato economico finale(…)” (Cass. 26/08/2015, n. 17175, cit.)“.