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IN BREVE: La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22169 del 6 agosto 2024, ha confermato il principio secondo cui, in caso di concordato con continuità aziendale ex art. 186-bis del RD 267/42, l’eventuale surplus finanziario determinato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa è da intendersi come mero incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, rientrando nell’oggetto della garanzia generica ai sensi dell’art. 2740 del codice civile; ne consegue che non è liberamente distribuibile dal debitore, ma soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione.
IL FATTO: Il caso riguarda l’impugnazione, da parte di una società in concordato preventivo, del provvedimento con cui la Corte di Appello territoriale ha accolto il reclamo presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso il decreto di omologa del concordato.
Nello specifico, la Corte di Appello ha ritenuto che il concordato proposto violasse l’ordine delle cause di prelazione, in quanto, nonostante l’insufficienza dell’attivo a soddisfare i creditori muniti di privilegio generale, prevedeva un certo soddisfacimento dei creditori chirografari mediante i flussi generati dalla continuità aziendale, che, però, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non potevano essere equiparati a “finanza esterna” e dunque considerati un quid distinto dal patrimonio sociale esistente alla data di presentazione della domanda, liberamente distribuibile dal debitore.
PERCHÉ È IMPORTANTE: La quaestio iuris consiste nello stabilire se il surplus derivante dalla continuazione dell’attività di impresa sia liberamente destinabile dal debitore senza vincoli di distribuzione e, quindi, senza rispettare l’ordine delle cause di prelazione, oppure se anche tale valore economico debba sottostare all’ordine delle cause legittime di prelazione ai sensi dell’art. 160, comma 2, del RD 267/42 nel rispetto del principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dall’art. 2740 cod.civ.
La Corte, a conferma dei principi già affermati nel precedente provvedimento rappresentato dalla sentenza n. 9373/2012, ha ritenuto corretta quest’ultima soluzione, osservando che l’art. 160, comma 2, del RD 267/42, nel prescrivere che il trattamento per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause di prelazione, può in astratto essere inteso come absolute priority rule (APR), nel senso che una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non è stata integralmente soddisfatta (cfr. Cass. n. 17155/2022), ovvero come relative priority rule (RPR), nel senso che una classe di grado inferiore può ricevere una qualche soddisfazione anche laddove la classe di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta, purché quest’ultima venga soddisfatta in misura maggiore della prima.
La Corte, in primo luogo, precisa che per “surplus concordatario” debba intendersi non ogni utilità frutto della prosecuzione dell’attività, ma soltanto quella parte di utilità che ecceda la somma destinata al pagamento dei creditori, secondo il piano concordatario. L’incremento del valore dell’azienda realizzato con la continuità aziendale (sulla base del piano) rientra nel concetto di “bene futuro” e risulta, pertanto, soggetto agli artt. 2740 e 2741 cod. civ. ed all’art. 160, comma 2, del RD 267/42, che vieta l’alterazione delle cause di prelazione.
La scelta di destinare soltanto una parte del patrimonio attuale e futuro al rispetto dell’ordine delle cause di prelazione non sarebbe, quindi, ammissibile, se non previo consenso dei creditori pregiudicati, in assenza di una previsione normativa espressa.
La continuità aziendale costituisce un mero strumento funzionale al “miglior soddisfacimento dei creditori”, in quanto le regole distributive del valore liquidabile prevedono, anche in sede concorsuale, il rispetto delle cause di prelazione, con la conseguenza che una destinazione diversa da questa – sia che si realizzi mediante la conservazione dell’utilità per il debitore, sia che si realizzi attraverso la distribuzione del surplus a categorie di creditori subordinate, senza l’integrale soddisfazione dei crediti poziori – si porrebbe in contrasto proprio con il criterio che dovrebbe governare le procedure concorsuali, vale a dire il migliore soddisfacimento del ceto creditorio.
La Corte conferma, altresì, sempre nel solco del proprio precedente (Cass. n. 9373/2012), che nella nozione di surplus finanziario non può essere ricondotta, invece, la finanza esterna del terzo.
La Corte, infine, rammenta che secondo la giurisprudenza di legittimità “l’art. 160, comma 2, L.F.” laddove impone che “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione” viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato, del criterio di matrice nordamericana della c.d. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta (Cass. n. 17155/2022).
Tale regola non esclude, tout court, la coesistenza di un soddisfacimento parziale dei chirografari e di quelli muniti di privilegio generale, sottolineando la giurisprudenza di legittimità come tale evenienza sia possibile proprio a fronte dell’apporto di c.d. finanza esterna, sia pure in condizione di “neutralità” (cfr. Cass. 9373/2012, n. 12864/2019 e n. 13391/2019 secondo la quale l’apporto del terzo si considera neutrale quando non comporta “né un incremento dell’attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i debiti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato postergato o no”).
Non possono, infine, invocarsi le norme del CCII, in particolare l’art. 84, comma 6, in forza del quale “Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore.”
Si tratta, in verità, di un precetto nuovo per il c.d. plusvalore da concordato, che non assurge, quindi, a criterio interpretativo (cfr. Cass. SS.UU. nn. 12476/2020 e 2061/2021).
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