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Il cessato socio di una società in accomandita semplice conveniva innanzi al Tribunale di Modena la suddetta società ed il socio accomandatario per ottenere la restituzione di una somma di denaro pagata ad un creditore sociale ed oggetto di garanzia rilasciata a favore della società.
L’attore deduceva di essere stato dapprima socio accomandatario, poi accomandante e di avere, infine, ceduto tutte le quote di sua proprietà.
In vigenza di rapporto sociale l’attore aveva personalmente prestato garanzia reale a favore di una banca, costituendo in pegno titoli, al fine di far ottenere alla società alcune linee di credito.
Dopo la cessione delle quote sociali la banca aveva escusso il pegno. L’attore aveva richiesto alla società e ai soci la restituzione della somma pagata a seguito della vendita dei beni oggetto del pegno, senza ottenere il relativo pagamento.
Il giudice di primo grado rigettava la domanda; la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado escludendo la fondatezza della pretesa restitutoria in quanto basata su di un insussistente diritto di regresso del garante datore di pegno nei confronti della società. L’atto di rilascio di una garanzia personale o reale per un debito della società, da parte del socio illimitatamente responsabile, andava difatti qualificato – aderendo al prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ. n. 12310/1999 e Cass. Civ. n. 23669/2006) – quale atto di costituzione di garanzia per una obbligazione propria, non potendo il socio illimitatamente responsabile essere considerato come terzo datore di garanzia rispetto all’obbligazione sociale. A niente rilevando che il socio fosse stato liberato per le obbligazioni pregresse, in quanto la perdita della qualità di socio non incide sulla responsabilità illimitata per i debiti contratti allorquando il socio era illimitatamente responsabile.
Nella sentenza in commento la Suprema Corte, discostandosi da tale precedente orientamento, riconosce la legittimità del diritto di regresso.
In primo luogo la Corte rileva che la situazione del socio illimitatamente responsabile è indicata dalla legge come situazione diversa da quella della società e degli altri soci illimitatamente responsabili. Non è pertanto condivisibile l’affermazione secondo cui, quando il socio paga in proprio, ovvero risponde in proprio per un’obbligazione sociale, sia con la sua garanzia patrimoniale generica, sia con un’eventuale garanzia patrimoniale specifica, come la fideiussione o il pegno, pagherebbe un debito proprio e solo proprio, come ritenuto dalla sopra richiamata giurisprudenza per negare il diritto di rivalsa.
In realtà, quando il debito viene estinto si determina il venir meno della posizione di debitore verso il creditore sociale sia del socio che paga, sia della società, sia degli altri soci illimitatamente responsabili.
L’attitudine del pagamento ad estinguere situazioni giuridiche verso il creditore che sul piano soggettivo sono distinte, per il fatto stesso di essere distintamente contemplate dall’ordinamento, è sufficiente per la Corte a giustificare la configurabilità dell’azione di regresso in astratto secondo la disciplina generale delle obbligazioni solidali, cui, nonostante il beneficium excussionis, è riconducibile l’obbligazione del socio illimitatamente responsabile.
Quanto alle modalità di esercizio del diritto di regresso la Corte precisa che il regresso non potrà che riguardare solo in linea teorica l’intero importo pagato, in quanto, concretandosi la pretesa di pagamento in una passività, il socio che ha pagato non potrà pretendere la quota della passività che, secondo la disciplina dell’art. 2263 c.c., è proporzionale al valore del suo conferimento.
Lo stesso discorso vale per quanto attiene all’ipotesi in cui il socio – come nel caso de quo – sia uscito dalla società e, tuttavia, ai sensi dell’art. 2290 c.c., sia rimasto illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali pregresse allo scioglimento del vincolo nei suoi riguardi ed eventualmente, se abbia prestato garanzia personale o reale, anche quale garante.
Anche in tal caso egli, pagando il creditore, direttamente (dopo l’escussione della società) o a seguito dell’escussione della garanzia prestata, paga oggettivamente un debito che soggettivamente è riferibile sia a lui che alla società e agli altri soci illimitatamente responsabili. Il regresso verso la società è ammissibile nei medesimi termini di cui sopra, cioè salvo per la quota che sarebbe stata di sua pertinenza se fosse rimasto socio, a meno che in sede di uscita dalla società la sua perdurante responsabilità non sia stata diversamente regolata. Conclusivamente, in relazione al caso di specie, ove la rivalsa riguarda l’escussione di un pegno rilasciato dal socio illimitatamente responsabile a favore della società, la Corte afferma il seguente principio di diritto: “Il socio illimitatamente responsabile di una società di persone che abbia concesso una garanzia reale (nella specie pegno) a favore del creditore sociale per le obbligazioni sociali, pur essendo tale garanzia idonea a coprire verso il terzo creditore un debito che sul piano oggettivo è riferibile anche al socio ed aggiungendosi essa alla garanzia patrimoniale generica cui il socio illimitatamente responsabile è tenuto per legge (con l’effetto di neutralizzare il beneficium excussionis di cui beneficia il socio ex art. 2304 c.c.), a seguito dell’escussione della garanzia pignoratizia, ha diritto di regresso verso la società (con applicazione della disciplina delle passività ai sensi dell’art. 2263 c.c.) o gli altri soci”.