Limiti al sindacato giudiziale nel procedimento di omologazione di un accordo di ristrutturazione
17 Giugno 2022Illegittima la modifica dell’atto impositivo nel corso del giudizio
1 Luglio 2022In tema di patto commissorio le Sezioni Unite, con sentenze n. 1611/1989 e n. 1907/1989, hanno fondato il divieto di tale patto sulla duplice esigenza di protezione del debitore e di tutela dell’interesse dei creditori estranei al patto. Il divieto del patto commissorio è stato, pertanto, esteso a qualsiasi negozio, tipico o atipico, che sia in concreto impiegato per conseguire il fine dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito; esso può configurarsi anche ogni qual volta il debitore sia comunque costretto al trasferimento di un suo bene al creditore a tacitazione dell’obbligazione (Cass. civ., n. 8411/2003; Cass. civ., n. 18655/2004; Cass. civ., n. 437/2009). Non è quindi possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti a tale nullità, occorrendo invece riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione nell’ipotesi in cui venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, di far ottenere al creditore la proprietà del bene dell’altra parte nel caso in cui questa non adempia la propria obbligazione.
Nel caso in esame le parti avevano posto in essere una complessa operazione preordinata all’estinzione dei debiti della società fallita, mediante l’assunzione del concordato da parte di uno dei creditori. Il trasferimento della massa attiva del fallimento, comprendente l’immobile in questione, costituiva il corrispettivo dell’accollo generale dei debiti da parte dell’assuntore del concordato, accompagnato dal diritto di opzione delle beneficiarie per il riacquisto dei beni medesimi entro una certa data dal decreto di verifica e chiusura del concordato.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non è ravvisabile il patto commissorio nelle ipotesi in cui il trasferimento o la promessa di trasferimento siano finalizzati non già a garantire l’adempimento di un’obbligazione con riguardo all’eventualità, non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare, come in questo caso, un precedente credito rimasto insoluto, liberando il debitore dalle conseguenze connesse alla pregressa inadempienza (Cass. civ., n. 1075/2016; Cass. civ., n. 14903/2006; Cass. civ., n. 19950/2004).
La Corte conclude, pertanto, affermando i seguenti principi: «1. Il divieto del patto commissorio non è configurabile qualora il trasferimento avvenga allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto. 2. Va esclusa la violazione del divieto del patto commissorio quando manchi l’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre; il divieto di tale patto non è applicabile allorquando la titolarità del bene passi all’acquirente con l’obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all’esatto adempimento».