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17 Febbraio 2022
Cass. civ., sez. I, ord., 10 febbraio 2022, n. 4347 ha enunciato i seguenti principi di diritto:
«L’art. 2448, primo comma, n. 4), cod. civ. (nel testo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ratione temporis applicabile al caso di specie), che prevede lo scioglimento della società di capitali “per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dall’art. 2447”, si interpreta nel senso che tale evento si verifica solo quando la perdita di esercizio di consistenza superiore al terzo del capitale determina la riduzione di questo al di sotto del minimo stabilito dalla legge (art. 2327 cod. civ., per la società per azioni; art. 2474 cod. civ. per la società a responsabilità limitata); non si verifica quando la perdita di capitale, pur determinando la riduzione di questo al di sotto del minimo stabilito dalla legge, sia pari o inferiore al terzo del capitale medesimo».
«Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore di fallimento ai sensi dell’art. 146, secondo comma, l. fall. contro l’ex amministratore di una società, poi fallita, che abbia violato il divieto di compiere nuove operazioni sociali dopo l’avvenuta riduzione, per perdite, del capitale sociale al di sotto del minimo legale (art. 2449 cod. civ., nel testo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ratione temporis applicabile al caso di specie), il giudice, ove, nella quantificazione del danno risarcibile, si avvalga, ricorrendone le condizioni, del criterio equitativo della differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, temperato dalla espunzione da tale differenza del passivo formatosi successivamente al verificarsi dello scioglimento della società, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime e il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali; e ciò sempre che il ricorso a tale criterio equitativo sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo».