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16 Maggio 2022La Corte di Cassazione con Ordinanza del 12 maggio 2022, n. 15245 ha affrontato il tema della prova della responsabilità degli amministratori in caso di mancanza o carenza della scritture contabili.
Muovendo dalla constatazione che nessuno dubita che la responsabilità degli amministratori nei confronti della società (tale è la fattispecie secondo l’impugnata sentenza) abbia natura contrattuale“, ha pari,enti precisato che ciò “non toglie però che la condanna al risarcimento dei danni implica pur sempre la prova del nesso di consequenzialità tra una condotta di mala gestio, addebitata agli amministratori, e il danno occorso alla società“.
La Suprema Corte ha quindi ricordato che come “chiarito dalle Sezioni unite, nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma della L. Fall., art. 146, comma 2, la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa, ove però ne sussistano le condizioni, e sempreché il ricorso a esso (criterio) sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile; e sempreché, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo (v. Cass. Sez. U. n. 9100-15, Cass. n. 38-17, Cass. n. 13220-21)“.
Sulla base di queste considerazioni ha cassato la decisione della Corte d’Appelo di Palermo in quanto “nell’ambito delle azioni di responsabilità grava sempre, in linea di principio, su chi agisce in giudizio l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità materiale tra questo e le condotte che si assumano tenute in violazione di doveri inerenti alle funzioni gestorie svolte dagli amministratori. E la mancanza di scritture contabili, ovvero la sommarietà di redazione di esse o la loro inintelligibilità, non è in sé sufficiente a giustificare la condanna dell’amministratore in conseguenza dell’impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso rispetto ai fatti causativi del dissesto. Essa presuppone, invece, per essere valorizzata in chiave risarcitoria nel contesto di una liquidazione equitativa, che sia comunque previamente assolto l’onere della prova circa la l’esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale; sicché il criterio del deficit fallimentare resta sì applicabile, ma soltanto come criterio equitativo, per l’ipotesi di impossibilità di quantificare esattamente il danno in conseguenza dell’affermazione di esistenza della prova – almeno presuntiva – di condotte di tal genere.”