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Con sentenza emessa in data 23 marzo 2017 il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande (revocatorie di pagamenti e di condanna alla restituzione di quanto pagato) proposte da una curatela fallimentare contro un Istituto di credito, in applicazione dell’art. 44 L.F. dichiarava inefficaci nei confronti di tale procedura le rimesse affluite su conto corrente bancario di cui la società fallita era titolare e condannava la banca a restituire alla curatela l’importo relativo a tali rimesse, aumentato di interessi in misura legale decorrenti dalle date delle singole operazioni.
Tra le parti, infatti, era stato stipulato, prima del fallimento della società, un contratto di anticipazione di credito su ricevute regolato in conto corrente, contenente una clausola attributiva alla banca del diritto di “annotare in conto e comunque compensare – a soddisfazione del proprio credito per le anticipazioni erogate al cliente – le somme da essa incassate in esecuzione delle suddette operazioni di anticipazione” (c.d. patto di compensazione o di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto).
Secondo il giudice di primo grado non era, infatti, possibile operare la compensazione di cui all’art. 56 L.F., in quanto tale norma richiede che entrambi i crediti siano sorti prima dell’apertura della procedura concorsuale, mentre nel caso di specie il credito derivante dall’anticipazione era venuto ad esistenza prima dell’apertura della procedura, mentre il debito restitutorio conseguente all’incasso era sorto dopo la dichiarazione di fallimento.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza emessa in data 20 settembre 2018.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione a seguito di ricorso presentato dall’istituto di credito, ha in primo luogo ribadito che la compensazione nel fallimento (art. 56 L.F.), costituente deroga al concorso, a favore dei soggetti che siano allo stesso tempo creditori e debitori del fallito, è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento (giurisprudenza costante; cfr., comunque, fra le altre: Cass. S.U., n. 755 del 1999; Cass. S.U., n. 775 del 1999; Cass., n. 10025 del 2010; Cass., n. 18915 del 2010; Cass., n. 21784 del 2015).
La Corte ha, quindi, precisato che nella fattispecie in esame la presentazione alla banca, da parte del cliente, delle fatture o ricevute bancarie comporta, per la banca, l’obbligo di versare al cliente il danaro incorporato in tali documenti a titolo di finanziamento e quello, contestualmente sorto, di curare, anche nell’interesse del cliente medesimo, l’incasso della stessa somma di danaro da parte del terzo debitore (sulla base del documento) del cliente in esecuzione del mandato da questi dato all’istituto di credito.
L’obbligo del cliente di restituire alla banca la somma di danaro a lui anticipata, nel termine e con le modalità previsti dal contratto, sorge per effetto della anticipazione a lui fatta dalla banca del danaro incorporato in tali documenti e non ha, quale suo presupposto, l’adempimento da parte della banca all’obbligo di curare l’incasso da parte del terzo debitore del cliente della stessa somma di danaro a questi anticipato. In buona sostanza, le due obbligazioni (quella del cliente e quella della banca) hanno il medesimo fatto genetico, costituito dalla anticipazione fatta dalla banca del danaro incorporato nei documenti a lei presentati dal cliente, rappresentativi di crediti di quest’ultimo verso altri soggetti.
L’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato in tali documenti costituisce dunque adempimento di un’obbligazione già sorta e determina solo esigibilità da parte del cliente del relativo credito verso la banca.
La Corte, pertanto, ha ritenuto sussistere i presupposti richiesti dall’art. 56 L.F. per la compensazione tra i reciproci crediti/debiti della società e della banca e, in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello.